Specializzata in neuroingegneria, Ilaria Ricchi, 25 anni sarà a Losanna, per partecipare ad un progetto di ricerca che dovrebbe anticipare di 20 anni la diagnosi preventiva dell’Alzheimer

Ilaria RicchiPutignano Ba - Una laurea in Bioingegneria all’Università di Pavia e un dottorato di ricerca durato tre anni, conseguito tra Losanna e Boston, terminato in streaming, durante un lockdown negli States, che difficilmente dimenticherà. Questa è Ilaria Ricchi, 25 anni, di Putignano.



«Ho desiderato sin da piccola fare il medico - Racconta - Ma la matematica, l’informatica, la parte computazionale dei miei studi ha avuto sempre il sopravvento sulle altre materie e ho pensato che studiare medicina non mi sarebbe tornato utile. Ho scelto perciò, che la bioingegneria per far convivere il mio interesse medico con la parte logica del mio pensiero. Il dottorato di ricerca in neuro-ingegneria, iniziato alla <EPFL> di Losanna dove per i miei ottimi risultati mi hanno assegnato una borsa di studio della Fondazione Bertarelli, che mi ha portato alla Harvard Medical University di Boston dove ho preparato il mio progetto di tesi».

Una situazione accettabile in tempi normali, ma complicata dal lockdown, che per sei mesi le ha complicato, anche dal punto di vista psicologico, il soggiorno americano. Dover stare nella stessa stanza per dormire, mangiare e studiare, fare sempre le stesse cose, non deve essere stato entusiasmante. Le palestre erano chiuse, le piscine, dove Ilaria poteva praticare il nuoto, che ama da sempre, erano chiuse. Si poteva solo fare jogging.

A fine maggio però, tutte le Università americane, vista la pandemia dilagante, annunciano che il secondo semestre si sarebbe svolto online. Allora il presidente Trump ha annunciato un progetto che ha provocato una grande apprensione in tutti gli studenti stranieri.

“Si trattava”, ricorda Ilaria, “di farci rientrare tutti nei nostri Paesi d’origine, annullando in nostri visti e bloccando (e lo sono ancora tutt’ora) quelli in entrata. Ovviamente sono andata in panico, come tutti gli altri. Fortunatamente, le Harvard University e le M.I.T. (Massachusetts Institute of Tecnology) hanno fatto causa e sono riusciti a far rientrare il progetto del Presidente. Così ho portato a termine il mio periodo di ricerca.”

Specializzandosi in neuro ingegneria, una vasta branca che si occupa dell’intero sistema nervoso, la nostra ricercatrice ha puntato il suo interesse su malattie neurodegenerative per le quali non esistono ancora cure che assicurano la guarigione. Come l’Alzheimer, per il quale esiste solo la diagnosi e che diventa punto di partenza per la ricerca.

La nostra bionda interlocutrice, riparte fra poche ore per Losanna. L’attende la Siemens, che produce anche sofisticate tecnologie. Qui inizierà un preciso progetto, che dovrebbe anticipare di 20 anni l’auspicata diagnosi preventiva dell’Alzheimer. Utilizzerà metodi automatici partendo da 300 pazienti, affetti da questa patologia e in ricoverati in una clinica che li ospita da tempo.