Dai temi dell’immigrazione ai ghetti a pagamento in cui vivono i braccianti stranieri, il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nei campi, fino agli intrecci del mondo agricolo con la criminalità organizzata

PPalmisano_presentazione_Ghetto_Italiautignano Ba - Questi i durissimi e drammatici temi contenuti nel libro inchiesta del sociologo e scrittore Leonardo Palmisano e Yvan Sagnet, intitolato ‘Ghetto Italia’ e presentato anche a Putignano qualche giorno fa nella sala consiliare del palazzo municipale.

L’incontro era organizzato dal gruppo politico ‘La Sinistra’ ed è stato moderato da Giovanna Goja e Stefano bianco della Cgil Putignano.

Il libro rivela una realtà drammatica neanche tanto inedita, ma che forse nessuno ha voglia di combattere veramente, nonostante lambisca in varia misura molte regioni del nostro stivale, da Nord a Sud. Stagione dopo stagione i braccianti, soprattutto immigrati, continuano a lavorare come schiavi nelle campagne tra irregolarità contributive, sotto pagati e con orari eccessivi, in assenza di tutele e sicurezza.

In provincia di Foggia sono presenti il 90% dei ghetti in Puglia; In Calabria nella Piana di Gioia Tauro, il lavoro nero sfiora l’83%;, nel Lazio i lavoratori “sikh” sono costretti a doparsi. Ma i dati sommari indicano che il caporalato non include solo gli immigrati ma anche ben quindicimila donne pugliesi.

Palmisano_presentazione_Ghetto_Italia2Dalle analisi lucide e abrasive considerazioni di Palmisano nel corso della presentazione è emerso chiaramente l’intento del libro: dare un segnale forte all’opinione pubblica  soprattutto per quel che concerne l’illegalità che gira intorno al sistema caporalato.

La Puglia è l’unica regione italiana che ha pensato alla ricollocazione delle vittime del caporalato  istituendo nel 2011 le Liste di prenotazione nel mercato del lavoro agricolo  presso i centri per l’impiego. Così l’imprenditore agricolo che assume o riassume  pescando dalla lista, ottiene dalla  Regione delle agevolazioni. Nel 2006 fu anche istituita la legge regionale n.28/2006 contro il lavoro nero e poi il riconoscimento del marchio etico per i prodotti pugliesi onde contrastare il caporalato.

Ma la situazione non sembra essere mutata. Forse anche perché il problema non può più essere gestito al livello regionale, ma sarebbe auspicabile un intervento massiccio e risolutivo sulla questione da parte dello Stato.

 
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