Otto persone già condannate per mafia e traffico di droga tornano sotto misura cautelare. Il boss Domenico Velluto continuava a comandare dal carcere.

clan velluto bariBari - I carabinieri del Comando Provinciale di Bari hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 8 persone tutte già condannate in primo grado per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.

Le condanne sono state disposte perché ritenuti componenti del clan Velluto, diretto da Domenico  Velluto e Giovanni  Fasano. L’operazione segue pertanto le acquisizioni istruttorie, composte dalle deposizioni rese dai testimoni, dai collaboratori di giustizia e dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché dalle numerose attività di riscontro svolte nel corso dell’attività d’indagine, che hanno provato l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi sia dell’associazione di tipo mafioso che dell’associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, ancora in vigore nonostante la condanna.

Le esigenze cautelari, che hanno portato all’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, sono emerse dalle recenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, oltre che dagli ulteriori elementi univoci indicativi del fatto che i condannati, ritenuti delinquenti abituali in ragione delle numerosissime condanne, continuano ad essere inseriti nel circuito criminale, a frequentarsi tra loro, a vivere di proventi delle attività illecite, risultando privi di reddito ed in gran parte sorvegliati speciali di pubblica sicurezza, oltre che per essere coinvolti, di recente, in altri gravi reati.
Dagli elementi sopravvenuti è emersa la concreta ed attuale piena operatività del clan Velluto e dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, laddove il boss, Domenico Velluto, continua dal carcere a capeggiare il clan omonimo tramite il socio in affari Giovanni Fasano, considerato la mente del clan, oltre che con l’ausilio di altri sodali facenti parte del gruppo di fuoco con disponibilità di armi.

L’indagine, che ha portato alle condanne di primo grado, avviata nel 2002 e condotta fino al 2016, è stata incentrata su uno specifico contesto territoriale di riferimento ossia il quartiere Carrassi di Bari e la zona di San Marcello. In tali aree, a seguito del pentimento dell’allora capo clan di riferimento, Giuseppe Cellamare, prese potere una diversa associazione criminale avente al suo apice la diarchia rappresentata dai due esponenti carismatici della malavita barese.

Nel periodo oggetto d’indagine è stato quindi acclarato che il sodalizio mafioso avesse a disposizione un gran numero di armi, utilizzate in efferati fatti di sangue, compiuti al fine di assoggettare e controllare il territorio di influenza con la forza di intimidazione. L’esito del processo di primo grado ha portato all’emissione di 23 condanne con pene comprese dai 30 ai 3 anni di reclusione, per un totale di 437 anni di carcere.
Le condanne non sono ancora divenute definitive poiché suscettibili di ricorso in Appello.